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Una prospettiva sull'attaccamento nella Schizofrenia

Andrew Gumley e Giovanni Liotti*


In Psychosis, Trauma and Dissociation: evolving Perspectives on Severe Psychopathology

Edited by A. Moskowitz, M.J. Dorathy and I. Schafer, Wiley, 2019


Giovanni Liotti è deceduto il 9 aprile 2018, questo articolo è in sua memoria*


PARTE PRIMA




Nel secondo volume della trilogia sulla teoria dell’attaccamento John Bowlby (1973) scrisse:


“quando le esperienze concrete che sono avvenute durante l’infanzia sono note e possono essere tenute presenti, le paure patologiche degli adulti si possono vedere spesso in modo radicalmente nuovo. I sintomi paranoidi che sono stati considerati come endogeni e immaginari possono apparire intellegibili, anche se distorti, in risposta ad eventi storici.”


Più di 45 anni dopo la relazione fra attaccamento ,esperienze psicotiche e le loro sequele, stanno solo iniziando ad essere comprese. In una recente review sistematica sull’attaccamento nelle psicosi (Gumley. Taylor, Schannauer e Macbeth, 2014) si è trovato che maggiore è la non sicurezza nell’attaccamento, più frequenti e prolungati sono le ospedalizzazioni, più gravi i problemi interpersonali, peggiore è il rapporto con i Servizi (psichiatrici) e a livello inferiore l’accudimento dei genitori. Così, mentre la sicurezza dell’attaccamento è chiaramente compromessa nella schizofrenia (qui vengo omesse le voci bibliografiche non proprie degli autori) non è ancora chiaro come il percorso evolutivo dall’attaccamento non sicuro precoce che porta alla schizofrenia differisce da quello che porta ad altre forme psicotiche. In modo simile non appare esserci un unico percorso che conduce da un basso livello di cure genitoriali e alti livelli di iperprotezione genitoriale e un basso livello di sicurezza nelle relazioni intime fino alla schizofrenia, dato che queste esperienze, comuni nella schizofrenia, sono riportate anche da persone con altre diagnosi. Questi dati sono utili nell’individuare una comprensione basata sull’attaccamento dei correlati del trattamento praticato, utilizzo dei Servizi (psichiatrici) e ricerca di aiuto, ma c’è davvero molto poco nella direzione della formazione di una teoria legata all’attaccamento della schizofrenia e delle psicosi.

In questo articolo noi esploriamo la possibilità che esista un percorso di sviluppo dalle prime esperienze interpersonali, incluse quelle legate all’attaccamento disorganizzato e al trauma infantile, siano capaci di spiegare le traiettorie di vita che portano alla schizofrenia, potenzialmente tramite un attaccamento evitante più tardivo, la dissociazione e i deficit di mentalizzazione.



DISORGANIZZAZIONE NEL CAREGIVER, DISORGANIZZAZIONE NELL’ATTACCAMENTO E DISSOCIAZIONE


Bolwby (1969) ha proposto due sistemi motivazionali nelle relazioni fra genitori e bambini;

- Il sistema dell’attaccamento dei bambini, preposto alla sopravvivenza del piccolo regolando la vicinanza al caregiver

- Il sistema dell’accudimento nei genitori, preposto a guidare i comportamenti protettivi aumentando la sensibilità al pericolo e al danno e incrementando la sensitività (attunement) ai segnali del piccolo

L’attivazione del sistema dell’attaccamento del piccolo provoca comportamenti che inducono la vicinanza al caregiver. L’attivazione del sistema dell’attaccamento negli adulti provoca comportamenti che inducono la protezione del piccolo e stimolano comportamenti che calmano l’angoscia, abbassano la paura e reintroducono l’esplorazione spontanea. Le interazioni reciproche e sincrone fra i due sistemi sono le basi per la crescita e l’adattamento di tutta la vita.

Bowlby (1973) ha proposto che le esperienze infantili di interazione con le figure di attaccamento vengano internalizzate e portate avanti nell’infanzia e nella giovinezza in schemi relazionali impliciti chiamati IWM (internal working models)*. Questi producono aspettative sul se’ e sugli altri, e contribuiscono a regolare le risposte comportamentali, cognitive e affettive nelle relazioni interpersonali. Le interazioni precoci quindi formano, insieme alle esperienze di gioco e di gruppo con i caregivers, il prototipo di relazione e di autoregolazione di tutta la vita. La ricerca sulla prima infanzia ha mostrato che a 12 mesi sono già sviluppati patterns di attaccamento verso i caregivers. Uno specifico IWM corrisponde a ciascuno di questi patterns. Tre principali di questi attaccamenti organizzati sono stati individuati: attaccamento sicuro, evitante e resistente o ambivalente. Oltre a questi una importante minoranza di bambini piccoli (circa il 15 %) falliscono nello sviluppare qualsiasi forma di attaccamento organizzato e coerente. I loro tipi di attaccamento vengono detti disorganizzati.

La teoria dell’attaccamento spiega l’origine dell’attaccamento disorganizzato in termini di conflitto tra due sistemi innati, quello dell’attaccamento e quello lotta/fuga (di difesa). Normalmente i due sistemi operano in armonia (per esempio, fuga dalla fonte di paura per trovare rifugio vicino nell’attaccamento). Essi però si scontrano nell’interazione neonato-caregiver quando il caregiver è allo stesso tempo la fonte e la soluzione della paura. Quando sono in relazione molto frequente con caregiver spaventati e senza speranza, ostili o speventanti, oppure confusi, questi infanti sono presi in una trappola relazionale; i loro sistemi di difesa li inducono a fuggire, mentre nello stesso tempo i loro sistemi di attaccamento, sotto l’influenza dell’ansia da separazione, li porta ad avvicinarsi. L’infante disorganizzato sta facendo l’esperienza dello spavento senza via di scampo. Questo tipo di esperienza può essere compresa come un tipo di trauma relazionale precoce, che provoca una influenza negativa sul sistema di adattamento dello stress (stress-coping) nel cervello infantile.

Studiare i patterns di attaccamento negli adulti è diverso che farlo nei bambini. Il più influente e diffuso approccio all’attaccamento degli adulti è dato dal Adult Attachment Interview (AAI: sviluppato da Mary Main e collaboratori). La AAI rende possibile generare categorie per gli adulti, analoghe a quelle dei bambini. L’attaccamento sicuro nel bambino può essere predetto dalla presenza di stati della mente nei caregivers che sono stati chiamati “free” (non tradotto, si intende come libero dalla rimozione difensiva delle memorie dolorose) o anche autonomi. L’attaccamento ambivalente (o resistente) nei bambini è associato con lo stato della mente dei caregivers preoccupato/invischiato, e l’attaccamento evitante del bambino è associato con l’attaccamento evitante/dismissing (non tradotto, si intende allontanante) dell’adulto.

Il comportamento di disorganizzazione dell’attaccamento del bambino è strettamente relato a traumi o perdite non risolte nei caregivers nelle trascrizioni di AAI oppure a stati della mente dei caregivers caratterizzati da rappresentazioni ostili o senza uscita non integrate del se’ e di figure di attaccamento. Altre evidenze di interazioni distruttive fra caregiver e infante includono anche espressioni di passività, distacco e la presenza di inviti contraddittori (per esempio, inviti al gioco insieme a distacco). I comportamenti contraddittori nel prendersi cura differenziano l’attaccamento disorganizzato da quello organizzato evitante o ambivalente dei bambini.

dei pericoli reali e anche rispondere ai bisogni del bambini e alle situazioni circostanti. Ciò vuol dire bilanciare le domande di altri adulti, incluso relazioni fra pari e amicizia (il sistema dell’affiliazione), le relazioni sessuali (il sistema sessuale o del corteggiamento, precisazione del traduttore), il lavoro (il sistema esploratorio) e infine, non meno importante, i bisogni propri di cura e di conforto. In tal modo i caregivers producono un porto sicuro (dove proteggersi) e una base sicura (da dove allontanarsi per esplorare sempre di più nel tempo). L’attaccamento sicuro del bambino non è predeterminato dall’attaccamento sicuro dei caregivers, ma prende forma dal contesto reale e dal livello di sintonia (attunement) flessibile, che bilancia i comportamenti da porto sicuro e da base sicura. L’esclusione e la segregazione delle esperienze e degli affetti appare nelle rappresentazioni disattivate (evitanti), disconnesse (preoccupate) e disorganizzate (contraddittorie) dei caregivers e sono legate alla perdita di sintonia (attunement) e sensitività ai segnali dell’infante. In generale le rappresentazioni senza speranza/impotenti (helplessness) si trovano in madri che si percepiscono come in lotta ma perdenti nel tentativo di gestire il loro bimbo e le loro emozioni negative e sono associate con bambini con attaccamento disorganizzato.

La disorganizzazione dell’attaccamento può essere vista come il risultato di esperienze intersoggettive che emergono da una regolazione affettiva disturbata all’interno della diade infante-genitore. Queste esperienze possono coinvolgere abusi, ma anche avere le caratteristiche di dissonanza (misattunement) emotiva e comportamenti contraddittori del caregiver anche senza maltrattamenti. La disorganizzazione dell’attaccamento, qualsiasi ne sia la causa, rende proni a reagire a successivi traumi con la dissociazione e l’esperienza della frammentazione del se’.

Le ricerche con AAI hanno più volte dimostrato la trasmissione intergenerazionale e la stabilità delle varie forme di attaccamento. In un campione di pazienti adulti affetti da varie forme psichiatriche gli stati della mente irrisolti e non integrati sono di gran lunga i più frequenti, suggerendo che una disorganizzazione precoce del comportamento è un antecedente particolarmente frequente della psicopatologia dell’adulto.

L’attaccamento disorganizzato è legato a IWM* nel bambino e a stati della mente relati all’attaccamento nell’adulto, che sono incoerenti, non integrati e caratterizzati da tre attitudini reciprocamente incompatibili: ostilità, impotenza e grandiosità riguardo alla possibilità di aiutare gli altri (caregiving compulsivo). La presenza simultanea di queste tre attitudini contraddittorie porta a shift drammatici e improvvisi, in risposta a richieste stressanti, fra aspettative non realistiche su di se’ e sugli altri. Tali shift drammatici sono spesso osservati dai clinici che trattano pazienti con esperienze di frammentazione. Molti ricercatori e teorici pensano allo stile dissociativo dell’attenzione e dell’esperienza come tipico dell’attaccamento disorganizzato. Altri ricercatori suggeriscono che la disorganizzazione nel bambino spesso conduca a esperienze dissociative nello sviluppo, oltre a deficit nella regolazione degli affetti, nella capacità di far fronte alle avversità e deficit della metacognizione e delle capacità riflessive e, infine, nelle capacità di controllo degli impulsi aggressivi.

Anche se la disorganizzazione precoce è relata ad un ampio campionario di diagnosi DSM, noi pensiamo che essa porti essenzialmente a un processo dissociativo. Pertanto ci aspettiamo che essa sia più strettamente correlata con i disturbi più chiaramente correlati a dissociazione severa, divisione (splitting) dell’io e frammentazione del se’, rispetto agli altri disturbi psichiatrici.


*(nella letteratura italiana MOI, modelli organizzativi interni, nota del traduttore).

 
 
 

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